Di Elsa Sapienza su Lunedì, 08 Agosto 2022
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Avvocato ammesso al gratuito patrocinio. Mancata presentazione dei documenti? Il compenso è comunque dovuto.

 La disciplina del gratuito patrocinio è contenuta negli artt. 74-145 del D.p.r. 30.5.2002, n. 115, "Testo unico in materia di spese di giustizia", che provvede a fissare i requisiti e le modalità per essere ammessi al beneficio.

Gli avvocati che decidono di assicurare a coloro che sono in possesso, dei necessari requisiti previsti dalla legge, per accedere al patrocinio a spese dello Stato, devono iscriversi in apposito elenco.

In sostanza, tale istituto prevede che i costi dell'avvocato e le spese di giustizia, al ricorrere di determinate condizioni reddituali, siano sostenuti integralmente dallo Stato.

Il gratuito patrocinio è assicurato nei processi civili, amministrativi, contabili, tributari e nelle cause di volontaria giurisdizione (ad esempio, separazioni consensuali, divorzi congiunti, ecc.), purché non si tratti di questioni manifestamente infondate.

 È, altresì, assicurato nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile o civilmente obbligato per la pena pecuniaria.

Orbene, è di recente accaduto che, al termine di un procedimento di modifica delle condizioni di separazione tra ex coniugi, l'avvocato procedeva chiedendo la liquidazione del proprio compenso per l'attività svolta in regime di gratuito patrocinio.

Il Tribunale respinge però l'istanza e l'avvocato propone pertanto opposizione.

Il Tribunale però riconosce all'opponente le sole spese vive rimettendolo innanzi al giudice civile che aveva emesso il provvedimento impugnato trattandosi di difesa in proprio.

Si giunge in Cassazione ove l'avvocato contesta la decisione della Corte per omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio.

Il provvedimento impugnato affermava, infatti, di non poter procedere alla liquidazione dei compensi per mancata produzione degli atti del procedimento non tenendo conto del fatto che detta documentazione era stata integralmente prodotta con il ricorso in opposizione al rigetto della liquidazione.

La Cassazione dà ragione all'avvocato, in quanto come affermato dallo stesso, contrasta con l'articolo 15 del decreto legislativo numero 150 del 2011 che disciplina il procedimento di opposizione al decreto di pagamento delle spese di giustizia, poiché il presidente doveva chiedere a chi aveva provveduto alla liquidazione e deteneva gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione.

Quindi, non è compito dell'avvocato che chiede la liquidazione dei propri compensi produrre i documenti e le informazioni necessarie per la decisione, in quanto il giudice ha il potere dovere di richiederli. Questo quanto statuito dalla Cassazione con sentenza n. 23710/2022.

Non si tratta di semplice discrezionalità ma di potere dovere di decidere "causa incognita" senza perciò limitarsi ad una meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova.

Per tale ragione al di là della completezza delle produzioni documentali era compito dell'organo giudicante acquisire di ufficio i documenti necessari per la decisione.

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