Le sanzioni disciplinari, la loro ratio e il rilievo sociale della difesa
Le norme del codice deontologico forense sono emanate a tutela dell'interesse pubblico al corretto esercizio dell'attività svolta dall'avvocato. Per tale motivo la loro violazione assume rilevanza disciplinare.
Una rilevanza, questa, che è sempre correlata alle modalità con cui la professione forense deve essere esercitata. Ciascun avvocato, infatti, deve agire «con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza» [1].
Tipi di sanzioni disciplinari e principio di proporzionalità
L'accertamento di un illecito disciplinare comporta l'irrogazione di una sanzione, che può essere comminata solo a conclusione del relativo procedimento. La sanzione deve essere unica e soprattutto proporzionata al fatto [2].
Sono previsti vari tipi di sanzioni, le quali si distinguono in:
- sanzioni formali, che non incidono sullo svolgimento dell'attività professionale dell'avvocato ritenuto reo dell'illecito, ma ne deplorano il comportamento. In questa categoria rientrano l'avvertimento e la censura;
- sanzioni sostanziali, che, invece, comportano l'esclusione temporanea o definitiva dall'esercizio della professione. Esse sono la sospensione, la cancellazione dall'albo e la radiazione dall'albo.
«Nei procedimenti disciplinari l'oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell'incolpato e tanto sia al fine di valutare la sua condotta in generale, sia al fine di infliggere la sanzione più adeguata, per la quale occorre effettuare un bilanciamento tra la considerazione di gravità dei fatti addebitati ed i concorrenti criteri di valutazione, quali ad esempio la presenza o assenza di precedenti disciplinari»(CNF, n. 116/2018). «Per la determinazione in concreto della sanzione disciplinare, la gravità del fatto, il grado di colpa, la sussistenza del dolo e il pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita rilevano ex art. 21 cdf ai fini delle aggravanti previste dall'art. 22 stesso codice» [3] (CNF, n. 336/2016).
Le sanzioni disciplinari nella prassi e nella giurisprudenza
È stato ritenuto che:
- quando viene comminata una sanzione disciplinare grave, quale la sospensione, e il professionista si oppone a essa, se ha pre-sofferto di tale sanzione e in sede di gravame questa viene rideterminata in una meno grave, quale la censura, la sanzione verrà ulteriormente mitigata in un'altra ancora meno grave, quale ad esempio l'avvertimento. In tali casi, in buona sostanza, si tiene conto del tempo in cui l'avvocato incolpato ha pre-sofferto della sanzione più grave (CNF n.171/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69448);
- «una volta affermata la responsabilità disciplinare dell'incolpato per infrazioni non lievi né scusabili, la sanzione dell'avvertimento non può essere ulteriormente mitigata al richiamo verbale, che peraltro non ha carattere di sanzione disciplinare (art. 52 L. n. 247/2012 e art. 22 cdf)» (CNF, n. 141/2018, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=69188);
- le condotte disciplinarmente rilevanti sono variegate e potenzialmente illimitate dal momento che tra queste rientrano tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare. Per questo non è possibile fare un elenco tassativo di tali condotte. Ne consegue che quando manca la "descrizione" di uno o più comportamenti e della relativa sanzione, tale mancanza non genera l'immunità perché è comunque possibile contestare l'illecito anche sulla base del principio, secondo cui «la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza» (Cass., S.U., n. 17115/2017). A tal proposito è stato ritenuto che costituisce illecito disciplinare i) la condotta dell'avvocato consistente nell'invio di una email con contenuto offensivo e minatorio per fatti estranei alla professione, sanzionabile con dell'avvertimento (CNF, n. 221/2016, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=35043); ii)l'asserito palpeggiamento del gluteo di una collega in udienza(CNF, n. 201/2016,in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=34956);
- «l'avvocato, che utilizzi strumentalmente il proprio ruolo di tutore e difensore dei diritti per organizzare una macchinazione che gli consenta di impossessarsi delle somme dei propri assistiti, si pone in assoluto e irrimediabile contrasto non solo con la deontologia professionale ma anche con i più elementari canoni etici (Nel caso di specie, il professionista, approfittando delle debolezze psichiche della propria assistita, si era fatto rilasciare procura a operare sul conto corrente della stessa con l'obiettivo di sottrarle ingenti somme di denaro, che nel frattempo vi aveva fatto appositamente confluire. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della radiazione, così aggravata ex art. 22, co. 2, nuovo codice deontologico)»(CNF, n. 128/2015, in https://www.codicedeontologico-cnf.it/?p=33007).
Note
[1] Art. 3 Legge 247/2012, comma 3:
«[...] La professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza» [...].
[2] Art. 22 Codice deontologico forense:
«1. Le sanzioni disciplinari sono: a) Avvertimento: consiste nell'informare l'incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni; può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l'incolpato non commetta altre infrazioni. b) Censura: consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell'infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell'incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un'altra infrazione. c) Sospensione: consiste nell'esclusione temporanea, da due mesi a cinque anni, dall'esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura. d) Radiazione: consiste nell'esclusione definitiva dall'albo, elenco o registro e impedisce l'iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro, fatto salvo quanto previsto dalla legge; è inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell'incolpato nell'albo, elenco o registro. 2. Nei casi più gravi, la sanzione disciplinare può essere aumentata, nel suo massimo: a) fino alla sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per due mesi, nel caso sia prevista la sanzione dell'avvertimento; b) fino alla sospensione dall'esercizio dell'attività professionale non superiore a un anno, nel caso sia prevista la sanzione della censura; c) fino alla sospensione dall'esercizio dell'attività professionale non superiore a tre anni, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale fino a un anno; d) fino alla radiazione, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale da uno a tre anni. 3. Nei casi meno gravi, la sanzione disciplinare può essere diminuita: a) all'avvertimento, nel caso sia prevista la sanzione della censura; b) alla censura, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale fino a un anno; c) alla sospensione dall'esercizio dell'attività professionale fino a due mesi nel caso sia prevista la sospensione dall'esercizio della professione da uno a tre anni. 4. Nei casi di infrazioni lievi e scusabili, all'incolpato è fatto richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare».
[3] Art. 21 Codice deontologico forense:
«1. Spetta agli Organi disciplinari la potestà di applicare, nel rispetto delle procedure previste dalle norme, anche regolamentari, le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa. 2. Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell'incolpato; la sanzione è unica anche quando siano contestati più addebiti nell'ambito del medesimo procedimento. 3. La sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, all'eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell'incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze, soggettive e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione. 4. Nella determinazione della sanzione si deve altresì tenere conto del pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita e dal cliente, della compromissione dell'immagine della professione forense, della vita professionale, dei precedenti disciplinari».