Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 02 Aprile 2022
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Avvocati stabiliti, esonero prova attitudinale: consentito anche se è svolta solo attività stragiudiziale

Con riferimento agli avvocati stabiliti, non vi sono limiti alla modalità di svolgimento della professione, nel senso che nessuna norma prevede l'obbligatorietà dell'esercizio cumulativo di attività giudiziali e di attività stragiudiziali, [...]." (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 213 del 26 ottobre 2020 - Conforme: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 99 del 8 ottobre 2019 ). Con l'ovvia conseguenza che anche la prova dello svolgimento della sola attività avente natura stragiudiziale può consentire la dispensa dalla prova attitudinale.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con decisione n. 240 del 28 dicembre 2021 (fonte: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2021-240.pdf).

Ma vediamo il caso sottoposto all'esame del CNF.

I fatti del procedimento

La ricorrente è un avvocato stabilito che ha presentato al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati (COA) la domanda di esonero dalla prova attitudinale e di integrazione nell'albo ordinario dell'abogado. È accaduto che il COA ha rigettato tale domanda con la seguente testuale motivazione: "perché la ricorrente non ha assolto la prova di avere concretamente esercitato l'attività professionale nel diritto italiano in modo stabile e continuativo …..tenuto conto della durata, frequenza, della periodicità e della continuità delle prestazioni professionali erogate, nonché del numero dei clienti e del giro di affari realizzato ;…la documentazione prodotta in sede di integrazione non prova l'esercizio della attività di abogado".

Il caso, così, è giunto dinanzi al CNF.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità. 

La decisione del CNF

Innanzitutto, il CNF richiama il principio di diritto sancito in un suo orientamento e di cui il COA non avrebbe tenuto conto nella sua decisione di rigetto. Secondo detto orientamento, in forza del combinato disposto degli artt. 8 e 10 del D.Lgs n. 96/2001, è necessario che l'avvocato stabilito agisca di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione di avvocato solamente nell'ipotesi di prestazioni giudiziali e non nelle ipotesi di prestazioni stragiudiziali. Inoltre, l'avvocato stabilito ha diritto di esercitare la professione di avvocato alle stesse condizioni e con le stesse modalità previste per il professionista che esercita la professione in Italia con il titolo di avvocato (art. 4 co. 2 del D.Lgs 96/2001). Ne consegue che la domanda di esonero dalla prova attitudinale ben può essere corredata da atti giudiziali che non riportano l'indicazione del nome dell'avvocato stabilito, ma dei quali questi abbia predisposto (o contribuito a disporre) la redazione, risolvendosi detta attività in un'attività stragiudiziale che non necessita dell'intesa con altro avvocato. Infatti, non vi sono limiti alla modalità di svolgimento della professione, nel senso che nessuna norma prevede l'obbligatorietà dell'esercizio cumulativo di attività giudiziali e di attività stragiudiziali, sicché anche l'attività stragiudiziale può costituire oggetto di valutazione ai fini di verificare l'esercizio effettivo della professione da parte dell'avvocato stabilito in ordine alla dispensa dalla prova attitudinale." (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 213 del 26 ottobre 2020 - Conforme: Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 99 del 8 ottobre 2019 ). 

Ciò premesso, tornando al caso di specie, la ricorrente, al momento della proposizione della domanda di dispensa dalla prova attitudinale, collaborava in condizione di mono committenza con uno studio legale, partecipando alla redazione degli atti giudiziari e intrattenendo rapporti di corrispondenza con i clienti del predetto studio. L'attività svolta nelle suindicate modalità da parte dell'abogado è risultata di natura stragiudiziale, nonché è risultata un dato comprovato anche dalla allegazione del reddito relativo al triennio interessato, pari a circa 80.000,00; misura, questa, che il CNF ha ritenuto del tutto coerente con la natura dell'esercizio professionale, esclusivamente stragiudiziale.

Alla luce delle risultanze probatorie e del su richiamato orientamento del CNF, pertanto non poteva costituire motivo ostativo, ai fini della valutazione della effettività e continuità dell'esercizio della professione, la allegazione di sola attività avente natura stragiudiziale. Con l'ovvia conseguenza che la documentazione prodotta dalla ricorrente sia in sede di prima richiesta di dispensa dalla prova attitudinale che all'esito delle integrazioni richieste dal COA, avrebbe dovuto essere ritenuta idonea a provare la sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 13 del d.lvo 86/2001. Ne discende, quindi, che le doglianze della ricorrente sono state ritenute fondate e, per tal verso, il suo ricorso è stato accolto.

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