Le decisioni del Consiglio nazionale forense sono impugnabili entro il termine di trenta giorni dalla notificazione d'ufficio della sentenza. «Il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. si applica nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d'ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa» (Cass., S.U., 10 luglio 2017, n. 16993; Cass., S.U., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., S.U., 30 ottobre 2020, n. 24109).
Questo è quanto ha ribadito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza n. 29177 del 21 dicembre 2020.
Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.
I fatti di causa
Il Consiglio nazionale forense (CNF) ha rigettato il ricorso proposto dall'avvocato ricorrente contro la decisione con la quale il Consiglio dell'ordine degli avvocati (C.O.A.) gli ha irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per la durata di mesi tre in riferimento a due distinti capi di incolpazione.
Avverso la sentenza del Consiglio nazionale forense, l'avvocato ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione. Quest'ultima autorità giudiziaria ha dichiarato inammissibile il ricorso perché tardivo.
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dalla Suprema Corte.
La decisione della SC
Innanzitutto appare opportuno richiamare la disciplina applicabile al caso di specie, ossia l'art. 36, comma 6, Legge n. 247/012. Questa disposizione stabilisce che «gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge». Ma procediamo con ordine. Una volta proposto il ricorso dinanzi al CNF, la segreteria di quest'ultimo:
- comunica gli atti al pubblico ministero presso la Corte di Cassazione che ne curerà la restituzione non oltre i successivi quindici giorni dalla ricezione (art. 60, comma 3 r.d. n. 37/1934);
- «avverte il ricorrente e le altre parti interessate che gli atti rimarranno depositati negli uffici del Consiglio nazionale per il termine di dieci giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il Pubblico Ministero deve effettuarne la restituzione» (art. 60, comma 3 r.d. n. 37/1934).
Le suddette comunicazioni vengono eseguite presso il domicilio che tempestivamente le parti devono eleggere in Roma; un'elezione, quella del domicilio, di cui va dato avviso alla segreteria del CNF per evitare che le comunicazioni e le notificazioni siano fatte mediante deposito presso la segreteria medesima (art. 60, comma 3 r.d. n. 37/1934). A seguito della novella introdotta dal D.L. n. 28/2020, art.3, comma 1 ter inserito dalla Legge di conversione n. 70/2020 che ha riformato l'art. 16, comma 4, D,L n. 179/2012, convertito in Legge n. 221/2012, è stata estesa «anche ai procedimenti davanti al "Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale" la previsione - già dettata per i procedimenti civili - secondo cui le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici».
Questa disposizione non trova applicazione in quei casi in cui la decisione in sede giurisdizionale del CNF non sia successiva alla sua entrata in vigore. In queste ipotesi, pertanto, resta valida, in assenza di elezione di domicilio, la notificazione della sentenza mediante deposito presso la segreteria del CNF. Orbene, tornando al caso di specie, la sentenza del CNF è intervenuta prima dell'entrata in vigore della novella su richiamata e, pertanto, non essendoci elezione di domicilio, la notificazione della stessa è stata effettuata nei confronti del ricorrente mediante deposito presso la segreteria del CNF. Di detto deposito, tuttavia, è stata data comunicazione all'avvocato ricorrente attraverso pec. L'impugnazione, pertanto, doveva essere proposta entro il termine di 30 giorni dalla notificazione d'ufficio effettuata dal CNF, ossia dalla data del deposito della decisione presso la segreteria. Il ricorrente, invece, ha notificato il ricorso ben oltre il suddetto termine. In punto la Corte di Cassazione fa rilevare che, sebbene con riferimento ai provvedimenti assunti dal CNF in funzione giurisdizionale e, quindi, ai relativi procedimenti possono essere applicate le norme del codice di procedura civile, tale applicazione è possibile solo "se necessaria", ossia ove non vi siano norme della legge professionale che dettino una disciplina particolare del singolo istituto (tra le altre, Cass., S.U., 14 gennaio 2020, n. 412), come quelle su richiamate. Ne consegue che, nella fattispecie in esame, essendo stata eseguita correttamente la notificazione d'ufficio della decisione del CNF, il ricorrente non avrebbe potuto tener conto, ai fini dell'impugnazione, del termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. L'applicazione di questa norma, infatti, sarebbe, stata possibile solo se la notificazione d'ufficio fosse stata invalida e nessun interessato avesse provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (Cass., S.U., 10 luglio 2017, n. 16993; Cass., S.U., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., S.U., 30 ottobre 2020, n. 24109).
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto il ricorso inammissibile in quanto tardivo.