Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 10 Ottobre 2020
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Avvocati: la responsabilità professionale tra assolvimento dei doveri deontologici e risarcimento danni

L'avvocato nell'esercizio della professione forense e quindi nell'esecuzione del contratto d'opera professionale deve agire secondo i canoni della diligenza qualificata [1] (cfr. Cass., nn. 1699/2015; 4790/2014; 8312/2011; 8989/2015; 22222/2014; 17143/2012, richiamate da Cass. civ., n. 10822/2020). In buona sostanza, l'avvocato ha «l'obbligo di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente, consistenti i) nel rappresentare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; ii) nel chiedere all'assistito gli elementi necessari o utili in suo possesso; iii) nel sconsigliare il cliente dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole»(Cass. 24544/2009, richiamata da Tribunale Milano, sentenza 23 aprile 2020). «La valutazione sulla diligenza del professionista non può essere operata in astratto, bensì in concreto e in correlazione con le peculiarità delle singole vicenda» (Tribunale Udine, sentenza 6 marzo 2018).

L'avvocato e la buona fede oggettiva

L'avvocato deve svolgere la sua professione anche secondo i canoni della buona fede oggettiva o correttezza (Cass. civ., n. 10822/2020)

«La buona fede oggettiva o correttezza è intesa come criterio di determinazione della prestazione contrattuale, fonte [...] di integrazione del comportamento dovuto» (Cass., n. 22860/2017, Cass. civ., n. 10822/2020) che presuppone anche il compimento di «quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio (che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici)» (Cass., n. 6735/2005; 2422/2004, richiamate da Cass. civ., n. 10822/2020). «L'impegno imposto dall'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va quindi correlato alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualità dei soggetti coinvolti (Cass., n. 22860/2007, richiamata da Cass. civ., n. 10822/2020), essendo da valutarsi alla stregua della causa concreta dell'incarico conferito al professionista dal committente» (Cass., n. 2071/2013, richiamata da Cass. civ., n. 10822/2020).

La responsabilità professionale e la condanna al risarcimento del danno

Quando è promossa un'azione di accertamento di responsabilità professionale in danno di un avvocato con la quale viene richiesta una condanna al risarcimento del danno, per l'accoglimento della domanda occorre «verificare positivamente il concreto danno subito dal cliente e il nesso causale tra i due momenti (inadempimento e danno)». 

Nel caso si lamenti un inesatto inadempimento, occorrerà valutare se l'avvocato agendo diversamente o assumendo un comportamento diligente avrebbe ottenuto risultati più vantaggiosi per l'assistito. «Non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l'ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l'ipotesi di adempimento mancato» (Cass. nn. 11901 2002; 2638 /2013, richiamata da Tribunale Udine, sentenza 6 marzo 2018). Così ad esempio, nel caso di «violazione del dovere di informazione va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra questo e la condotta del professionista» (Cass. nn. 11901 2002; 2638 /2013, richiamata da Tribunale Udine, sentenza 6 marzo 2018). In buona sostanza, in caso di inesatto adempimento, il cliente dovrà dimostrare:

(Cass, civile, n. 9238/2007, richiamata da Tribunale Milano, sentenza 23 aprile 2020).

La responsabilità professionale nella giurisprudenza

Si ritiene che:

Note

[1] Art. 1176, comma 2, c.c.:

«[...] Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.

Art. 2236 c.c.:

«Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave». 

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