Gli studi legali verso la fase 2: la riorganizzazione e il decreto liquidità
La tanto attesa fase 2 dell'emergenza sanitaria nazionale in atto sta per avviarsi.
La maggior parte degli studi legali sino ad oggi ha lavorato in modalità smart working.
Ma cosa accadrà con l'attenuazione delle misure di contenimento? Gli avvocati potranno riprendere la vita professionale di sempre?
Ancora molte incertezze sussistono in merito. Tuttavia un punto fermo resta: per il momento nulla sarà come prima.
In primo luogo, bisognerà fare i conti con le difficoltà economiche imputabili alla sospensione o comunque al rallentamento dell'attività professionale.
Sebbene molti avvocati abbiano potuto beneficiare del reddito di ultima istanza, questa misura non appare sufficiente né a coprire i danni subiti, né ad affrontare la situazione che si prospetta per l'avvio della fase 2.
Infatti, occorre ricordare che con la riapertura di quegli studi legali che sino ad oggi sono rimasti chiusi, necessiterà adeguarsi alle misure igieniche indicate dal governo nel protocollo del 14 marzo 2020 per la sicurezza degli ambienti di lavoro che, brevemente, riepiloghiamo qui di seguito:
- restare a casa in caso di febbre oltre i 37,5;
- indossare guanti e mascherine;
- dotarsi di detergenti igienizzanti per consentire il lavaggio frequente delle mani;
- limitare gli incontri con i clienti. Ove questo non sia possibile, se il cliente né è sprovvisto, dotare quest'ultimo di guanti e mascherina;
- privilegiare le modalità di lavoro in smart working al fine di ridurre il più possibile contatti sociali;
- evitare contatti a meno di un metro e qualora questo non sia possibile, dotarsi di tutti i dispositivi di sicurezza, come guanti, mascherine e schermi protettivi in plexiglass (da installare su scrivanie e tavoli di sale riunioni);
- per le riunioni, optare per le modalità telematiche al fine di evitare assembramenti;
- arieggiare e igienizzare spesso gli ambienti, comprese le postazioni lavoro;
- affiggere all'ingresso dello studio un vademecum delle norme igienico-sanitarie su descritte in modo che tutti i collaboratori e i clienti possano esserne informati e rispettarle.
Queste misure comporteranno indubbiamente degli investimenti e ulteriori sacrifici economici a discapito delle finanze dei professionisti.
In punto, si fa presente che tra gli strumenti a sostegno degli avvocati, oltre a quello del reddito di ultima istanza e alle altre misure adottate dalla Cassa forense, è da menzionare la garanzia del fondo centrale prevista a sostegno delle PMI dal decreto liquidità (d.l. n. 23/2020).
L'art. 13 di questo decreto, infatti, estende la copertura al 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione, ai nuovi finanziamenti concessi da banche, da intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del Testo Unico bancario di cui al D.lgs. n. 385/1993 e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito, in favore degli esercenti un'attività di impresa, arti o professioni, qualora questi risultino danneggiati dall'emergenza COVID-19.
In buona sostanza la garanzia, consiste, nell'accesso al finanziamento saltando la previa valutazione da parte dell'istituto di credito e presentando una dichiarazione autocertificata ai sensi dell'articolo 47 D.P.R. n. 445/2000 attestante la contrazione dei ricavi.
Ai richiedenti verrà concesso un finanziamento:
- per un importo capitale non superiore al 25 per cento dell'ammontare dei ricavi risultante dall'ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero, per i soggetti beneficiari che hanno avviato l'attività dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione, anche mediante autocertificazione. In ogni caso la somma finanziata non potrà superare euro 25.000,00;
- rimborsabile non prima di 24 mesi dall'erogazione, con una durata fino a 72 mesi.
Si tratta sempre di un finanziamento, ma quantomeno potrebbe essere un input per ripartire e avviarsi verso la fase 2.