Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 19 Marzo 2022
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Avvocati, incarichi assunti per la società di persone e i soci: vi è conflitto di interessi?

L'avere assunto incarichi […] per la società in nome collettivo o per soci in posizioni analoghe [...], in posizione contrapposta a quella di altro socio [...], non integra l'illecito disciplinare per conflitto di interessi.

Questo è quanto ha statuito la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con sentenza n. 8337 del 15 marzo 2022 (fonte: http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/).

Ma vediamo il caso sottoposto all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa

Il ricorrente, avvocato, è stato destinatario della sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense per mesi sei per aver violato l'art. 24 del codice deontologico forense, ossia per avere [...] prestato attività difensiva in conflitto di interessi, avendo dapprima assunto incarichi professionali per una s.n.c. e, poi, per i soci [...] in un giudizio di accertamento della giusta causa di recesso, intrapreso contro tutti i soci e contro la società dal socio recedente [...]. Il suddetto provvedimento sanzionatorio è stato emesso dal Consiglio distrettuale di disciplina e contro questo provvedimento, il ricorrente ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense. Impugnazione, questa, che è stata parzialmente accolta. In buona sostanza, il CNF ha ridotto la sospensione da sei a due mesi.

Il caso, così, è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità. 

La decisione della SC

Innanzitutto, i Giudici di legittimità richiamano l'art. 24 del codice deontologico forense, intitolato al «conflitto di interessi». In forza di detta disposizione, l'avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale, quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale. La norma in esame continua spiegando che il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui i) il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, ii) la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un'altra parte assistita o cliente, iii) l'adempimento di un precedente mandato limiti l'indipendenza dell'avvocato nello svolgimento del nuovo incarico. In buona sostanza, dall'analisi dell'art 24 su richiamato emerge che, ai fini della valutazione dell'illecito disciplinare, occorre individuare la «parte assistita» e il «cliente» del professionista, ossia il soggetto che gli ha conferito mandato, in relazione a un diverso soggetto per il quale pure egli abbia assunto l'incarico professionale, che si trova in conflitto di interessi col primo. Premesso questo, tornando al caso in esame, a parere della Corte di Cassazione, la decisione impugnata è viziata. Infatti il CNF, ad avviso della Corte di Cassazione, sarebbe incorso in un errore di diritto per aver condiviso l'assunto del Consiglio distrettuale di disciplina, in forza del quale «un incarico assunto nell'interesse di una società in nome collettivo» va ritenuto «automaticamente relativo anche a un interesse dei singoli soci», in ciò ravvisando il conflitto di interessi rilevante ex art. 24 del codice deontologico forense. Detto assunto, secondo i Giudici di legittimità, non tiene conto dei principi affermati in giurisprudenza in tema di diritto delle società personali. In particolare, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale le società personali, pur prive di personalità giuridica, sono soggetti del diritto. 

E ciò in considerazione del fatto che l'art. 2266 c.c. chiaramente stabilisce che la società «acquista diritti e assume obbligazioni» per mezzo dei soci e sta in giudizio nella persona dei medesimi. I soci illimitatamente responsabili di una società personale è vero che rispondono per le obbligazioni sociali, ma è altrettanto vero che:

Orbene, tornando al caso in esame, alla luce di quanto sin qui esposto, secondo la Corte di Cassazione, il ricorrente che ha assunto incarichi per la società o per soci in posizioni analoghe (quelli non receduti), in posizione contrapposta a quella di altro socio (quello receduto), non ha commesso l'illecito contestato. Ne consegue che i Giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso e hanno cassato la sentenza impugnata e annullato la sanzione inflitta dal Consiglio distrettuale di disciplina.