Di Anna Sblendorio su Sabato, 07 Ottobre 2023
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Avvocati. Il dovere di diligenza e l'onere della prova

L'avvocato oltre ad adempiere fedelmente il mandato ricevuto, deve essere il consigliere del proprio cliente (cfr. articolo 1.1 Codice Deontologico degli Avvocati Europei del CCBE). A garanzia di questo fondamentale ruolo svolto dall'avvocato sono poste le norme deontologiche le quali "sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela(...)" (art.1 comma 3 ncdf) e impongono all'avvocato una serie di doveri tra i quali il dovere di diligenza.

Questo dovere impone all'avvocato di svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale (art.12 cdf).

La diligenza richiesta al legale è una diligenza qualificata, superiore alla c.d. diligenza del buon padre di famiglia richiesta ad una persona comune e deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata (artt. 1176, comma 2) in considerazione della circostanza che la prestazione dell'avvocato costituisce adempimento di obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale. Peraltro se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave (art.2236 c.c.).

Sul punto la giurisprudenza della Corte di cassazione ha precisato che

 Il contenuto del dovere di diligenza.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato il contenuto del dovere di diligenza, affermando che "nell'adempimento dell'incarico professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo l'avvocato tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole" con la conseguenza che incombe in capo al legale l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta (cfr. Cass. Civ. III sez. ordinanza n.15271/2023 del 30 maggio 2023, Cass. Sez. III, 19/07/2019, n. 19520; Cass. Sez. II del 30/07/2004, n. 14597).

L'onere della prova. Casistica

Per quanto riguarda l'onere della prova nella recente ordinanza n.15271/2023 la Corte di Cassazione III sez. ha analizzato un caso di responsabilità disciplinare in cui la condotta imputata all'avvocato si è concretizzata nell'aver ritardato la proposizione al Tribunale di una domanda di reintegra dell'attore nel posto di lavoro ex art. 700 c.p.c. ed aver, con tale condotta, determinato il rigetto della domanda per assenza dei presupposti d'urgenza e mancata illustrazione del periculum in mora. A questo riguardo la Corte ha affermato che "è onere dell'avvocato quello di sollecitare il cliente al fine di ottenere la consegna di tutta la documentazione necessaria per la predisposizione del ricorso e l'onere della prova di aver tenuto una condotta adeguata al contenuto della propria responsabilità professionale non può che incombere sul legale stesso e non anche essere posto a carico del cliente".  

 Ciò in quanto per la natura contrattuale della prestazione professionale è lo stesso legale a dover provare di aver diligentemente adempiuto alla propria obbligazione. Pertanto sussiste in capo all'avvocato l'onere di sollecitare il cliente per ottenere tutta la documentazione necessaria per la predisposizione del ricorso, in mancanza il legale è tenuto a risarcire i danni per responsabilità professionale.

Con ordinanza n.56/2021, invece la Cassazione Sez. VI ha analizzato il caso in cui l'avvocato è stato convenuto in giudizio dal proprio cliente per responsabilità professionale per aver tenuto nell'ambito di una procedura arbitrale una condotta negligente nei confronti del proprio cliente avendo omesso la produzione di documentazione indispensabile a sostenere la difesa. Al riguardo la Suprema Corte ha ricordato che l'eventuale esistenza di pagamenti e dell'eventuale relativa documentazione da parte del proprio cliente in favore della controparte del giudizio arbitrale rientra tra le prime e più banali informazioni che il difensore deve raccogliere dal cliente nell'ambito della strategia difensiva e nel corso della sua successiva attuazione. Conseguentemente è onere dell'avvocato, evocato in giudizio per responsabilità professionale, dar prova di avere diligentemente operato in tal senso e provare che la tardiva produzione nel giudizio arbitrale di quella documentazione sia dipesa da fatto a lui non imputabile.

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