Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 25 Giugno 2022
Categoria: Legge e Diritto

Avvocati: è illecito disciplinare proporre due opposizioni identiche avverso lo stesso d.i.

È condotta contraria ai doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, nonché al dovere di svolgere l'attività con coscienza e diligenza quella dell'avvocato che chiede compensi sproporzionati all'attività svolta avendo proposto avverso il medesimo decreto ingiuntivo nell'interesse delle parti sue assistite due distinti atti di opposizione di identico contenuto. Detto comportamento costituisce anche violazione dei doveri di salvaguardia della propria reputazione e dell'immagine della professione forense.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio nazionale forense (Cnf) con decisione n. 28 del 22 marzo 2022 (fonte: https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2022-28.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame del Cnf.

I fatti del procedimento

Il ricorrente è un avvocato che ha subito un esposto dai propri clienti in quanto da questi ultimi incolpato per aver richiesto nei confronti degli esponenti compensi sproporzionati all'attività svolta avendo proposto avverso il medesimo decreto ingiuntivo nell'interesse degli stessi due distinti atti di opposizione di identico contenuto e due distinte istanze di sospensione anche queste di identico contenuto nella consapevolezza che la posizione processuale di entrambi i suoi assistiti era la medesima, così violando gli artt. 3 comma 3, 51comma 1, 53 della legge 31.12.2012 n. 247 in riferimento agli artt. 4 comma 1, 9, 12, 29 n. 4 Codice Deontologico Forense del 31.01.2014 (G.U. 241 del 16.10.2014). 

Si sarebbe trattata, a dir degli esponenti, di condotta contraria ai doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, nonché al dovere di svolgere l'attività con coscienza e diligenza, venendo meno ai doveri di salvaguardia della propria reputazione e dell'immagine della professione forense.

La sezione disciplinare competente ha deliberato l'approvazione del capo di incolpazione su citato, disponendo la citazione a giudizio del ricorrente. All'esito del procedimento disciplinare all'incolpato è stata comminata la sanzione della censura, essendo stati ritenuti provati i fatti di cui al capo di imputazione.

Il caso è giunto dinanzi al Cnf.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità.

La decisione del Cnf

Il ricorrente si duole del fatto che il Consiglio distrettuale di disciplina (CDD) ha errato nella valutazione di ritenuta identità di posizione processuale degli esponenti nell'ambito della procedura oppositiva avverso il decreto ingiuntivo di cui entrambi erano destinatari. In buona sostanza, a dire del ricorrente, i due assistiti ricoprivano una differente posizione sostanziale originata dalla diversità dei rapporti obbligatori che ognuno di essi aveva intrattenuto con la creditrice. 

Questa circostanza ha determinato la decisione di proporre due distinti atti di opposizione. Ne consegue che il ricorrente, in virtù di tanto, ha ritenuto di aver agito correttamente anche nella determinazione del relativo compenso.

Di diverso avviso è il Cnf.

Vediamo le motivazioni.

Il Cnf fa rilevare che dalla espletata istruttoria dibattimentale dinanzi al CDD sono emersi elementi tali da fare ritenere la fondatezza dell'addebito enunciato con il capo di incolpazione. I due atti di opposizione proposti avverso il medesimo decreto monitorio, invero, sono, in buona sostanza, perfettamente sovrapponibili sia in punto di fatto che in relazione alla parte motiva, per cui il ricorrente avrebbe senz'altro potuto proporre un'unica opposizione nell'interesse delle parti assistite, destinatarie di un solo decreto ingiuntivo, diversificando, eventualmente, le rispettive posizioni ed evitando, in tal modo, un aumento dei compensi esposti nelle parcelle per effetto della duplicazione delle attività. La formulazione di un'unica opposizione, al contrario, avrebbe comportato la richiesta di un onorario unico, aumentato poi in ragione del numero delle parti rappresentate. Ciò detto, il Cnf fa rilevare che il provvedimento disciplinare è, inoltre, sorretto da adeguata motivazione che evidenzia la ricorrenza delle condotte ascritte e il relativo disvalore deontologico. 

Da tanto discende l'infondatezza del ricorso che, pertanto, dal Cnf è stato respinto.

Messaggi correlati