Di Rosalba Sblendorio su Sabato, 25 Gennaio 2020
Categoria: Deontologia forense: diritti e doveri degli avvocati

Avvocati e il divieto di pluralità di azioni nei confronti della controparte

 Il divieto di pluralità di azioni nei confronti della controparte e il dovere etico di lealtà e probità

L'avvocato, nell'esercizio della professione, non può moltiplicare le iniziative giudiziali nei confronti della controparte se non in presenza di effettive ragioni di tutela della parte assistita [1]. Tale divieto è conforme al principio processualmente disciplinato dall'art. 88 c.p.c. che impone al difensore il dovere di lealtà e probità nei rapporti con la controparte (CNF, n. 56/2015). L'avvocato che viola tale divieto porrà in essere un comportamento rilevante dal punto di vista deontologico. «Ai fini della configurabilità dell'illecito disciplinare non sono necessari il dolo o la colpa, ma è sufficiente la sola riferibilità della condotta all'agente, essendo indifferente l'errore o il ritenere che l'atto compiuto non sia professionalmente riprovevole, e risultando altresì irrilevante che il professionista non abbia voluto e nemmeno previsto l'effetto lesivo della propria condotta» (CNF, n. 241/2007).

La minaccia di azioni nei confronti della controparte nella prassi

È stato ritenuto che:

Note

[1] Art. 66 Codice deontologico forense:

«1. L'avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita. 2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura»

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