Il Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, con sentenza n. 796 del 22 febbraio 2019 ha affermato che l'Agenzia delle Entrate - Riscossione è responsabile per la prescrizione delle pretese creditorie della Cassa forense, ove abbia mancato di porre in essere gli atti interruttivi della prescrizione.
Vediamo nel dettaglio la questione sottoposta al Giudice di merito.
I fatti di causa
Il ricorrente ha impugnato il sollecito di pagamento emesso dall'Agenzia delle Entrate - Riscossione, per il mancato versamento alla Cassa Nazionale di Previdenza e assistenza Forense dell'importo risultante dalla cartella esattoriale non impugnata, dovuto a titolo di conguaglio contributi integrativi, nonché per contributi soggettivo, indennità di maternità e contributi integrativi. A dir del ricorrente, le pretese creditorie della Cassa forense si sono prescritte e pertanto nulla avrebbe dovuto essere richiesto allo stesso a titolo dei predetti contributi. È accaduto che l'Ente previdenziale, costituendosi in giudizio, ha:
- eccepito «il suo difetto di legittimazione passiva per gli eventuali vizi della procedura esattiva, di esclusiva competenza del concessionario»;
- ha chiesto il rigetto dell'opposizione del ricorrente in quanto – a suo parere – infondata;
- spiegato domanda riconvenzionale «nei confronti dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, quale unico soggetto responsabile della procedura esattoriale e conseguentemente dell'eventuale annullamento del credito della Cassa».
In buona sostanza, l'Ente previdenziale ha chiesto, in caso di accoglimento della domanda del ricorrente, la condanna dell'Agenzia delle Entrate al risarcimento dei danni subiti per «i vizi della procedura esattoriale contestati dal ricorrente stesso». Vizi, questi, che,a dir della Cassa forense, sarebbero «da imputarsi all'esclusiva responsabilità del Concessionario della riscossione, rientrando nella competenza dell'Ente previdenziale solo la compilazione e la trasmissione dei ruoli».
Ripercorriamo l'iter logico-giuridico dell'autorità giudiziaria adita.
La decisione del Tribunale
Innanzitutto il Giudice di merito afferma che l'eccezione di prescrizione formulata dal ricorrente è fondata.
Vediamo perché.
In punto, appare opportuno, ricordare che i crediti oggetto della pretesa della Cassa forense si prescrivono in cinque anni. Infatti, «secondo l'indirizzo giurisprudenziale detto termine quinquennale di prescrizione trova applicazione anche ai contributi dovuti alla Cassa Forense» (Cass. 18953 del 9.09.2014). Tornando al caso di specie, la notifica del sollecito di pagamento è avvenuta oltre tale termine quinquennale. Né tale vizio può ritenersi superato dall'applicazione del termine decennale di prescrizione che troverebbe attuazione nell'ipotesi di azione esecutiva derivante dalla mancata impugnazione della cartella di pagamento. E ciò in considerazione del fatto che non è possibile produrre una conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale ex art. 2953 od. Civ. (Cass. S.U. n. 23397 del 2016).
Se a questo si aggiunge la circostanza che, nella fattispecie sottoposta all'attenzione del Giudice di merito, pur applicando il termine decennale, la prescrizione sarebbe maturata, appare ancora più fondata la doglianza del ricorrente. Chiarita la questione della prescrizione, il Tribunale passa a esaminare l'eccezione sollevata dalla Cassa forense relativa al suo difetto di legittimazione passiva, a cui risulta collegata la domanda riconvenzionale spiegata nei confronti dell'Agenzia delle Entrate. In punto, il Giudice di merito:
- conferma che il caso di specie rientra nell'ambito della giurisprudenza del giudice ordinario e non della giurisprudenza della Corte dei Conti. E ciò in considerazione del fatto che «la natura "pubblica" della contribuzione, inerente alla sua finalità istituzionale, riguarda unicamente il rapporto previdenziale tra la Cassa e il proprio iscritto» (cfr. Cass. SU n. 10132 del 20.06.2012);
- ritiene che la domanda riconvenzionale formulata dalla Cassa è fondata.
In buona sostanza, ad avviso del Tribunale, l'Agenzia delle Entrate è affidataria del credito della Cassa forense. Ne consegue che, in qualità di affidataria, il Concessionario avrebbe dovuto procedere al compimento di idonei atti interruttivi della prescrizione. Orbene, poiché nella fattispecie in esame, tali atti interruttivi non risultano essere stati compiuti, il Giudice di merito ha ritenuto l'Agenzia delle Entrate responsabile del danno subito dalla Cassa forense per la maturata prescrizione della pretesa creditoria e per la mancata riscossione dei contributi di cui alla cartella esattoriale in questione. Il danno, secondo il Tribunale, è da quantificarsi nella misura indicata in detta cartella di pagamento, oltre interessi legali dalla data di consegna dei ruoli.