Con ordinanza n. 21990 dell'11 settembre 2018, la Corte di Cassazione, ha stabilito che l'opposizione del verbale dall'Ispettorato del Lavoro, emesso ai sensi dell'articolo 201 c.d.s. e recante la contestazione di violazioni alle norme dettate dal codice della strada in materia di periodi massimi di guida e di periodi minimi di riposo dei conducenti di mezzi di trasporto su strada va proposta dinanzi al Giudice di Pace e non dinanzi al Tribunale. Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità. L'Ispettorato del Lavoro ha contestato nei confronti dell'opponente, una violazione delle norme sui limiti temporali di giuda e di durata del riposo tra una giuda e l'altra da parte dell'opponente, conducente di un mezzo di trasporto su strada. Tale verbale è stato impugnato dinanzi al Giudice di Pace, il quale, però si è dichiarato incompetente. Secondo tale autorità giudiziaria la competenza in materia spetterebbe al Tribunale. Così il caso è giunto dinanzi ai Giudici di legittimità. Innanzitutto bisogna partire dall'esame degli artt. 6 e 7 Reg. CEE n. 3820/85 (Regolamento del Consiglio relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada) modificato dal successivo Regolamento CE n. 561/2006 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006, relativi rispettivamente ai limiti temporali di giuda e alla durata del riposo tra una giuda e l'altra del conducente del mezzo di trasporto su strada.
I predetti artt. 6 e 7, così come modificati dal predetto Regolamento comunitario del 2006, stabiliscono che il periodo complessivo di guida non deve superare i seguenti limiti:
- 9 ore nel periodo giornaliero. Tale limite temporale può essere esteso a 10 ore, per sole due volte in una settimana;
- 56 ore nel periodo di guida settimanale;
- 90 ore in un periodo di due settimane consecutive.
Inoltre, tali disposizioni prevedono che il conducente ha diritto ogni quattro ore e mezza di guida, ad una pausa di quarantacinque minuti. Tale limite può essere suddiviso nell'arco delle quattro ore con ripetute interruzioni da quindici minuti ciascuna. Il limite di quarantacinque minuti può essere ridotto a trenta minuti, quando il periodo di guida non supera le quattro ore consecutive. Le finalità di questo quadro normativo appaiono chiare:
- da un lato, la sicurezza dei trasporti su strada:
- dall'altro, la tutela dei lavoratori del settore.
Ma cosa accade quando tali limiti non sono rispettati? Il nostro codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni), all'art. 174, richiama, innanzitutto, il Regolamento comunitario suindicato, n. 561/2006, in materia di limiti della durata della guida degli autoveicoli adibiti al trasporto di persone o cose e stabilisce che i registri di servizio, gli estratti del registro e le copie dell'orario di servizio dei conducenti:
- devono essere esibiti, per il controllo, al personale cui sono stati affidati i servizi di polizia stradale:
- devono essere conservati dall'impresa;
- devono essere esibiti, per il controllo, anche ai funzionari del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, nonché agli ispettori della direzione provinciale del lavoro.
Qualora, dall'attività di controllo dei soggetti ad esso preposti, emerge il superamento dei limiti in questione, allora il trasgressore sarà punito con una sanzione pecuniaria. Fatta questa premessa normativa, tornando al caso in esame, a parere della Corte di Cassazione, la violazione posta in essere dall'opponente ha ad oggetto una norma che regola la circolazione stradale, quale appunto il predetto art. 174 C.d.S. In buona sostanza, ad avviso dei Giudici di legittimità, si tratta di una violazione che rientra in una materia regolata da una norma che prevede un illecito. Da qui discende il fatto che non può trovare applicazione la deroga alla generale competenza del Giudice di Pace in favore del Tribunale prevista dall'art. 22 bis, comma secondo, lett. a), legge n. 689 del 1981 (recante le modifiche al sistema penale), secondo cui ricorre la competenza del Tribunale, "quando la sanzione è stata applicata per una violazione concernente disposizioni in materia (...) di tutela del lavoro (...) e di prevenzione degli infortuni sul lavoro" . In pratica, sebbene la violazione in questione concerna il mancato rispetto di limiti posti, oltre che per esigenze di sicurezza del traffico, anche per tutelare la salute del conducente e sebbene tali finalità apparentemente possono far ritenere che l'infrazione rientri nella materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è necessario tener conto della collocazione normativa che tale violazione ha ricevuto dal legislatore, ossia il codice della strada. Se fosse prevalsa la finalità di tutela di prevenzione sul lavoro, allora il legislatore avrebbe dato una diversa collocazione normativa. Orbene, tornando al caso in esame, la Suprema Corte, alla luce del ragionamento logico-giuridico seguito, ha dichiarato competente il Giudice di Pace, assegnando alle parti il termine di legge per la riassunzione della causa davanti a tale giudice.