Di Rosalba Sblendorio su Mercoledì, 01 Gennaio 2020
Categoria: Giurisprudenza Consiglio di Stato

Atto amministrativo: la motivazione per relationem è ammessa a determinate condizioni

Con riferimento a un atto amministrativo, «va ammessa la motivazione per relationem, purché l'atto [...] al quale viene fatto riferimento, sia reso disponibile agli interessati e non vi siano pareri richiamati che siano in contrasto con altri pareri o determinazioni rese all'interno del medesimo procedimento».

Questo è quanto ha ribadito il Consiglio di Stato con sentenza n. 8276 del 3 dicembre 2019.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa.

L'appellante ha proposto ricorso per chiedere l'annullamento dell'ordinanza dirigenziale comunale, contenente:

In buona sostanza è accaduto che il Comune ha comunicato l'avvio del procedimento amministrativo nei confronti dell'appellante, informando quest'ultima del venir meno, in capo al suo nucleo familiare, del requisito previsto dalla legge regionale per essere assegnataria dell'alloggio su menzionato. La predetta comunicazione è stata richiamata nel provvedimento finale in conformità ai principi in materia di motivazione per relationem. 

 In primo grado, il ricorso è stato respinto. Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito da quest'ultima autorità.

La decisione del CdS.

L'appellante lamenta, innanzitutto, che la sentenza impugnata è viziata, tra l'altro, per difetto di motivazione e, quindi, per violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990.

Di diverso avviso è il Consiglio di Stato.

Quest'ultimo, in primis, richiama l'art. 3 L. n. 241 del 1990, secondo cui «ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato […]. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria». Orbene, nel caso di specie, a parere dei Giudici amministrativi, l'ordinanza impugnata è conforme a tale disposizione. E ciò in considerazione del fatto che tale atto ha richiamato la declaratoria della decadenza, comunicata, tra l'altro, all'appellante in occasione dell'avvio del procedimento amministrativo. Questa circostanza consente di far ritenere il provvedimento impugnato come tra quelli motivati per relationem. «Secondo l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e conosciuto, nel caso di provvedimento motivato per relationem, non occorre necessariamente che l'atto richiamato dalla motivazione debba essere portato nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, essendo invece sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi o la tipologia dell'atto richiamato, dovendo essere l'atto stesso messo a disposizione ed esibito ad istanza di parte». 

In buona sostanza, può essere adottato un atto amministrativo che fondi la sua motivazione su un altro atto a condizione che:

Nel caso di specie, l'atto richiamato è stato reso disponibile all'appellante e, dunque, non pare possa ritenersi tra quelli adottati in violazione dell'art. 3 su indicato. Tuttavia, detta violazione potrebbe sussistere ove si consideri il fatto che, nella questione in esame, dagli atti istruttori cui il provvedimento impugnato si riferisce, emergono delle discrepanze e degli errori. In tali casi, stando all'orientamento giurisprudenziale su esposto, l'atto impugnato difetterebbe di motivazione perché farebbe riferimento a pareri in contrasto con altri pareri o con determinazioni rese all'interno del medesimo procedimento. Il Consiglio di Stato, però, condividendo quanto già osservato dal Tar, afferma che l'atto opposto è conforme al dettato della norma in oggetto, dal momento che, nonostante la presenza di tali errori e contrasti, la correzione e la risoluzione di questi porterebbe comunque a un esito ancor più sfavorevole per la stessa appellante. Ne consegue, quindi, l'irrilevanza delle su menzionate discrepanze.

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, il Consiglio di Stato:

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