Di Rosalba Sblendorio su Domenica, 08 Novembre 2020
Categoria: Albi, previdenza, assistenza: guida alle opportunità per gli avvocati

Attività incompatibili con la professione forense: obbligo di restituzione dei contributi soggettivi

Nel caso in cui un avvocato versi in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione legale e ciononostante resti iscritto all'Albo degli avvocati, il rapporto previdenziale con la Cassa forense è inesistente. In tali ipotesi «verranno meno di diritti e obblighi del soggetto illegittimamente iscritto», con l'ovvia conseguenza che a quest'ultimo spetterà la restituzione dei soli contributi soggettivi versati, in forza dell'art. 2033 c.c.

Questo è quanto ha statuito la Corte di cassazione – Sez. Lavoro – con sentenza n. 24141 del 30 ottobre 2020.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici di legittimità.

I fatti di causa.

La Cassa forense ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d'appello con cui:

La Cassa forense ritiene che tale decisione è viziata per violazione e falsa applicazione della L. n. 576 del 1980, artt. 11 e 22, e art. 2033 c.c. in quanto, a suo dire, l'ordine di restituzione può riguardare solo i contributi soggettivi, ma non anche i contributi integrativi.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dalla Corte di Cassazione. 

La decisione della S.C.

Innanzitutto, i Giudici di legittimità richiamano l'ormai consolidato principio di diritto secondo cui ove sia accertato dal Giudice di merito che un avvocato versi in una situazione di incompatibilità con l'esercizio della professione forense, il rapporto previdenziale tra tale professionista e la Cassa forense è da ritenersi inesistente. E ciò anche se l'avvocato continui a essere iscritto all'Albo degli avvocati. L'inesistenza di tale rapporto comporta:

In ordine a tale diritto, la Corte di Cassazione ha precisato che esso non si estende ai contributi integrativi che siano stati nel tempo versati dal professionista. 

Vediamo il perché.

Da un lato, occorre considerare la L. n. 576 del 1980, art. 11, secondo cui l'obbligo di corrispondere i contributi integrativi scatta con riferimento alla prestazione professionale resa in virtù dell'iscrizione all'Albo; dall'altro, bisogna esaminare la L. n. 319 del 1975, art. 2, comma 3. In forza di tale disposizione l'attività professionale che sia stata svolta in una situazione di incompatibilità anche se non oggetto di accertamento e di procedimento sanzionatorio da parte dell'Ordine competente: 

Per tal motivo, ad avviso della Corte di cassazione, ove in una situazione come quella della fattispecie sottoposta alla sua attenzione, siano stati ugualmente corrisposti i contributi alla Cassa forense, l'oggetto dell'obbligo di restituzione da parte di quest'ultima non può riguardare il pagamento del contributo integrativo. E ciò in considerazione del fatto che detto contributo:

Ne consegue che, nel caso in esame, l'obbligo di restituzione non avrebbe dovuto riguardare i contributi integrativi (così Cass. n. 30571 del 2019, sulla scorta di Cass. n. 10458 del 1998), ma solo quelli soggettivi. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, pertanto, i Giudici di legittimità hanno accolto il ricorso proposto da Cassa forense e hanno rinviato la causa alla Corte d'appello, in diversa composizione. 

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