In tema di assegno divorzile le diverse pronunce della Suprema Corte nell'anno in corso – addirittura tre nel mese di febbraio scorso- dimostrano senza dubbio l'attualità del tema riguardante i profili afferenti segnatamente il riconoscimento del diritto allo stesso secondo l'innovativa lettura delle SS.UU.
Infatti come dimostrano le varie recenti pronunce di legittimità di seguito indicate, i criteri dettati dalla legge per la quantificazione dell'assegno non sempre sono considerati unitariamente e correttamente dai vari Giudici di merito, sulla scia anche di quanto ben specificato dalle SS.UU. con la sentenza n. 18287 del 2018.
Nell'ottica di una revisione di quanto stabilito con la sentenza n. 11504 del 2017, secondo cui il parametro dell'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante doveva essere valutato al lume del principio dell'autoresponsabilità economica di ciascun coniuge ormai "persona singola" e che, all'esito dell'accertamento della condizione di non autosufficienza economica, andavano esaminati in funzione determinativa del quantum i criteri indicati dalla norma, le SS.UU. hanno chiarito la natura dell'assegno di divorzio e conseguentemente ben fissato criteri importanti al fine di una corretta quantificazione dello stesso. Principi poi seguiti da tutte le successive sentenze della Suprema Cortedi seguito oggetto di esame.
Con la pronuncia Cass. civ. Sez. I, 29 gennaio 2019, n. 2480 (avente ad oggetto un ricorso avverso una decisione della Corte d'Appello di Bologna) la Suprema Corte ribadisce che l'assegno di divorzio deve tener conto del contributo fornito dal coniuge richiedente alla realizzazione della vita matrimoniale.
Si legge in sentenza: con la recente pronuncia n. 18287 del 2018 sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte, che, nell'ambito di una riconsiderazione dell'intera materia, hanno ritenuto che l'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi o all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente sia da riconnettere alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli durante lo svolgimento della vita matrimoniale e da ricondurre a determinazioni comuni, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età di detta parte, affermando i seguenti principi di diritto, così riportati nelle massime ufficiali:
a) all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate;
b) la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi;
c) il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dellaL. n. 898 del 1970,art.5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.
La Corte di Cassazione nella suddetta pronuncia ribadisce altro principio importante : la mancata richiesta di assegno di mantenimento in sede di separazione non preclude di certo il suo riconoscimento in sede divorzile, ma può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi alle condizioni economiche dei coniugi (principio già enunciato con sentenza Cass. 11686 del 2013).
Con successiva sentenza Cass. civ. Sez. I, 8 febbraio 2019, n. 3869 viene ribadito che l'assegno di divorzio – che deve essere riconosciuto e determinato secondo la recente sentenza n. 18287 dell'11 luglio 2018 – deve perseguire una funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa.
Ancora una volta, in linea di continuità con le precedenti pronunce, viene dato riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi, alla durata del matrimonio ed età dell'avente diritto.
Tale sentenza riforma la pronuncia resa in appello dalla Corte territoriale di Napoli a favore della ex moglie che lamentava una non corretta applicazione dei criteririguardanti la quantificazione dell'assegno divorzile.
Richiamando la pronuncia Cass. Sez. Unite. n. 18287 del 2018 sopra richiamata, la Corte ritiene che non sia stata adeguatamente valutata la disponibilità e la fruizione nel corso del matrimonio della casa familiare di elevate caratteristiche di pregio, tali da non renderla fungibile con qualsiasi altra abitazione reperibile nel medesimo Comune a costi contenuti e sul punto cassa la sentenza impugnata.
La suddetta sentenza n. 3869/2019 conferma inoltre altro principio ormai consolidato in giurisprudenza ossia l'inammissibilità della domanda risarcitoria sulla considerazione della autonomia di tale domanda rispetto a quella di divorzio e della non cumulabilità di cause soggette a differente rito. E' esclusa, afferma, la possibilità del simultaneus processus, nell'ambito dell'azione di divorzio soggetta al rito camerale con quella di risarcimento danni soggetta al rito ordinario trattandosi di domanda non legate dal vincolo di connessione, ma in tutto autonoma e distinta dalla domanda di divorzio (in tema cfr. Cass. n. 6424 del 13/03/2017 e n. 18870 del 2014).
A distanza di una settimana, con altra pronuncia Cass. civ. Sez. I, 14 febbraio 2019, n. 4523, (che decide su un appello proposto avverso una pronuncia del Tribunale di Catania) la Suprema Corte rigettando il ricorso dell'ex marito che lamentava la corretta quantificazione dell'assegno di divorzio, conferma la statuizione secondo cui il tenore di vita goduto durante il matrimonio, unitamente ad altri aspetti ovvero l'età avanzata, l'assenza di attività lavorativa ed altri redditi, unitamente alla mancanza di prospettive lavorative, incidono sulla determinazione dell'assegno.
Le SS.UU. con la sentenza 11/07/2018, n. 18287 hanno ritenuto di dover abbandonare la rigida distinzione (di cui alla sentenza n. 11504/2017) tra criteri attributivi e determinativi dell'assegno di divorzio, alla luce di una interpretazione dellaL. 1 dicembre 1970, n. 898,art.5, comma 6, nel testo risultante dalla novellazione operatane dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art.10 più coerente con il quadro costituzionale di riferimento costituito dagli artt. 2, 3 e 29 Cost..
In questa cornice è maturata la convinzione, suggerita dalla constatazione che il parametro dell'adeguatezza enunciato dall'art. 5 ha carattere intrinsecamente relativo e che esso impone perciò una valutazione comparativa condotta in armonia con i criteri indicatori che figurano nell'incipit della norma, che "la funzione assistenziale dell'assegno di divorzio si compone di un contenuto perequativo-compensativo che discende direttamente dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà e che conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali dei due coniugi, deve tener conto non soltanto del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l'autosufficienza, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente".
Si è così, di riflesso, affermato che "il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto".
Posto, perciò, che, come ancora precisato nell'occasione, il parametro sulla base del quale deve essere fondato l'accertamento del diritto alla percezione dell'assegno "ha natura composita, dovendo l'inadeguatezza dei mezzi o l'incapacità di procurarli per ragioni oggettive essere desunta dalla valutazione, del tutto equiordinata degli indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, in quanto rivelatori della declinazione del principio di solidarietà", è opinione del collegio, scrutinando la sentenza impugnata, che la Corte etnea, pur non facendo mistero di orientare l'asse del proprio deliberato sul criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ha tuttavia proceduto in questa direzione seguendo un percorso argomentativo che guarda con prudenza al criterio del tenore di vita e volutamente ne evita ogni forzatura, non a caso annotando che "esso concorre e va poi bilanciato, caso per caso, con tutti gli altri criteri indicati nel denunciato art. 5".
Infine anche la sentenza Cass. civ. Sez. I, 28 febbraio 2019, n. 5975 (che decide su ricorso avverso una pronuncia emessa dalla Corte d'Appello di Napoli), riafferma che ai fini del riconoscimento e determinazione dell'assegno di divorzio bisogna fare riferimento alla recente sentenza delle SSUU n. 18287 dell'11 luglio 2018, facendo fedele applicazione dei principi espressi. Ancora una volta viene rigettato il ricorso di un ex marito a tutela della ex moglie, valorizzando la complessa natura dell'assegno divorzile.
Avv. Daniela Bianco del Foro di Reggio Calabria