Di Carmela Patrizia Spadaro su Lunedì, 21 Ottobre 2019
Categoria: Giurisprudenza Cassazione Penale

Appropriazione indebita dell’amministratore condominiale: è solo in caso di sottrazione di denaro?

Riferimenti normativi: Art.646 c.p.- artt.1129-11230 c.c.

Focus: Nelle controversie giudiziarie condomìniali ricorre spesso il reato di appropriazione indebita commesso dall'amministratore. Il caso più noto è quello di sottrazione non autorizzata del denaro posseduto dal mandatario, ma non solo; infatti, il reato può configurarsi anche in caso di distrazione dei fondi condominiali per sostenere le spese di altri condomìnii gestiti dallo stesso amministratore, e, infine, nei casi di mancata restituzione di documenti nel cambio di amministratore.

Principi generali: L'art. 646 del codice penale specifica che commette il reato di appropriazione indebita << chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso >>. La norma, in buona sostanza, attribuisce il reato a chiunque abbia il possesso di una cosa altrui e se ne appropria con l'intenzione di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto, cioè un profitto non dovuto.Tra coloro che hanno il possesso di una cosa altrui rientra l'amministratore che, in ragione del mandato conferitogli, possiede i registri, i verbali ed il denaro del condomìnio.

Appropriazione indebita e mancata consegna di documentazione: Con la sentenza n.29451 depositata il 10 luglio 2013 la Suprema Corte di Cassazione, seconda sezione penale, ha chiarito che l'amministratore ha il dovere di mettere a disposizione del suo successore tutti i documenti necessari allo svolgimento dell'incarico, anche quando si ritiene ancora in carica, reputando non regolare la sua sostituzione. Nel caso di specie un amministratore di condomìnio, revocato con regolare delibera dell'assemblea condominiale, si è rifiutato di consegnare al nuovo amministratore la documentazione in suo possesso, nonostante un'apposita ordinanza di restituzione emessa dal Tribunale, ed ha continuato a comportarsi come se avesse ancora il mandato dell'assemblea, intralciando e paralizzando, in tal modo, l'amministrazione del condomìnio. 

Con la citata sentenza i giudici di legittimità hanno ritenuto che in tale comportamento sussistono gli estremi del reato, di cui all'art.646 c.p., ravvisabili nella volontà illegittima ed illecita di conservare ingiustamente il possesso della cosa mobile altrui e trattenerla con ingiusta finalità di profitto. Appropriazione aggravata dall'abuso di tenere la documentazione anche a seguito di delibera dell'assemblea con la quale l'ex amministratore era stato spogliato di tale carica.La restituzione della documentazione condominiale, infatti, è un obbligo conseguente alla destituzione dell'amministratore, la cui regolarità è stata anche confermata dal Tribunale con un apposito ordine di restituzione, disatteso però dall'ex amministratoreCon tale comportamento (ed in tale preciso istante, come chiarisce la Suprema Corte, analizzando il momento consumativo del reato ai fini del calcolo dei termini della sua prescrizione) egli si è appropriato indebitamente di beni appartenenti a terzi, protraendo illegittimamente la detenzione di tali documenti, cioè ponendo in essere la condotta punita dalla norma in questione.

Si deve però precisare che non ogni possesso, pur ingiustificato ed illegittimo, dà luogo ad un'appropriazione indebita in quanto perché il reato si configuri è necessario che il possesso sia finalizzato a conseguire, o far conseguire ad altri, un profitto ingiusto. L'ex amministratore, infatti, traeva ingiustificato profitto dall'illegittimo possesso di tali documenti, continuando a comportarsi come amministratore, benché formalmente privato di tale carica, potendo così avanzare ulteriori pretese. Si è, quindi in presenza di un reato aggravato dall'essere stato commesso con abuso di relazioni originate da prestazione d'opera (Cass. Penale, Sez. VI, sent. n. 36022 del 05/10/2011), secondo il combinato disposto dagli artt. 646, ultimo comma, e 61 n. 11 -c.p. Aggravante che giustifica un aumento della pena fino a un terzo rispetto alla sua entità naturale, potendo così essere punita, nella fattispecie, la condotta con la reclusione fino a 4 anni e la multa fino ad € 1.376,00E' irrilevante che tale intento si concretizzi o meno, in quanto anche se il profitto non si realizza il reato è compiuto, essendo sufficiente per la giurisprudenza della Suprema Corte il solo compimento di atti finalizzati a conseguirlo, tenuto conto della forma letterale dell'articolo in questione che punisce "chi per procurare…" non "chi procura".

Tale ingiusto profitto, infine, non deve essere necessariamente un profitto economico, infatti perché si concretizzi l'ipotesi delittuosa in questione "basta anche solo il fine di perseguire un (ingiusto) vantaggio di altra natura" (Cass. Penale, Sez. II, sent. n. 40119 del 12/11/2010).

Appropriazione indebita e fondi condomìniali: L'appropriazione indebita da parte dell'amministratore di condomìnio, come ha specificato la Cassazione penale, sez.2, con la sentenza n. 37300 del 28/06/2019, depositata il 6 settembre 2019, si configura anche quando il professionista utilizza i soldi di un condomìnio in favore di un altro condomìnio. Nel caso di specie, un amministratore di condomìnio indagato, imputato e poi condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di appropriazione indebita, ha impugnato la sentenza di secondo grado con ricorso in Cassazione contestando la sussistenza del reato ascrittogli. 

In pratica l'amministratore, accusato di aver distratto denaro dei fondi di alcuni condomìnii, ha eccepito di averli distratti esclusivamente per saldare i debiti di altri condomìnii da lui gestiti. A sua difesa ha sostenuto che non essendo stato dimostrato il disvalore di tale comportamento non sussiste il delitto di appropriazione indebita, ex art. 646 cod. pen., poiché non è stato dimostrato che l'amministratore abbia tratto da ciò un vantaggio personale né che vi siano state intese fraudolente con i terzi destinatari dei singoli atti di disposizione. I giudici di legittimità hanno ritenuto, invece, che non può essere considerato legittimo il "travaso di fondi" da un condomìnio ad un altro e tale condotta si appalesa illegittima in quanto il dolo specifico di appropriazione indebita è integrato anche dal fine di procurare ad altri un ingiusto profitto.