Secondo quanto affermato dalla sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 1926/2024, la possibilità per la pubblica amministrazione di annullare d'ufficio un atto amministrativo illegittimo oltre il termine di diciotto mesi previsto dall'art. 21 – nonies della Legge n. 241 del 1990, presuppone che l'impossibilità per la medesima amministrazione di conoscere fatti e circostanze rilevanti ai fini dell'adozione dell'atto, sia imputabile al soggetto che ha beneficiato del rilascio del titolo, non potendo, invece, la negligenza dell'Amministrazione procedente tradursi in un vantaggio per la stessa, che potrebbe continuamente differire il termine di decorrenza dell'esercizio del potere.
Nel caso in esame, un ente Comunale, dopo quasi sei anni dal rilascio di un permesso di costruire, a seguito di alcune segnalazioni, aveva effettuato delle verifiche tecniche e riscontrato, nella documentazione allegata dalla parte a corredo della richiesta, una serie di imprecisioni tra cui l'omessa specificazione dell'altezza dell'intero edificio, prima e dopo l'intervento, elemento indispensabile ai fini della verifica del non superamento dell'altezza massima assentibile fissato dalle Norme Tecniche di Attuazione del PRG per la zona nella quale ricadeva lo stesso edificio.
Secondo quanto si legge nel provvedimento, il superamento del rigido limite temporale di 18 mesi per l'esercizio del potere di autotutela di cui all'art. 21-nonies, legge n. 241/1990, postula non solo una falsa rappresentazione dei fatti da parte del richiedente ma altresì, che l'impossibilità per l'amministrazione di ricostruire correttamente fatti e circostanze rilevanti sia imputabile al medesimo soggetto che ha beneficiato del rilascio del titolo edilizio, e non alla negligenza della stessa Amministrazione.
In sostanza, affermano i decidenti, il differimento del termine iniziale per l'esercizio dell'autotutela deve essere determinato dall'impossibilità per l'Amministrazione, a causa del comportamento dell'istante, di svolgere un compiuto accertamento sulla spettanza del bene della vita nell'ambito della fase istruttoria del procedimento di primo grado.
Nel caso di specie, invece, conclude il provvedimento, "lo stato progettuale non conforme allo strumento urbanistico" era conoscibile dall'ente comunale con l'ordinaria diligenza già nel corso della fase istruttoria del procedimento avviato su istanza della parte, dunque, il potere di annullamento in autotutela doveva essere esercitato entro il termine di diciotto mesi previsto dal primo comma dell'art. 21 – nonies, legge n. 241/1990.