Di Claudio Bottan su Domenica, 10 Febbraio 2019
Categoria: Legge e Diritto

Annamaria Franzoni e il quarto grado di giudizio, quello di Facebook

Sono le 8.30 del mattino del 30 gennaio del 2002, quando una donna di Cogne, in Val d'Aosta, telefona al 118 dicendo che suo figlio sta vomitando sangue. È Annamaria Franzoni, e il suo bambino, Samuele, tre anni, viene trovato dai medici con numerose ferite alla testa e alle mani. A sei anni dal delitto viene condannata in via definitiva per omicidio a una pena di 16 anni: secondo la sentenza colpì il figlio alla testa per 17 volte, con un oggetto mai identificato e mai ritrovato. Dal 2014 viene posta agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Ripoli Santa Caterina, in provincia di Bologna. Nell'autunno del 2018 la fine della pena: Annamaria Franzoni torna ad essere una donna libera. La notizia viene resa pubblica solo pochi giorni fa, a febbraio 2019.

"Ma com'è possibile? I conti non tornano!" insorge inorridito il Tribunale di Facebook invocando la pena capitale o, a voler essere buoni, il salviniano "Doveva marcire in galera". Non potevano assolutamente mancare quelli che "E Corona…per due foto?", insieme all'immancabile "La legge non è uguale per tutti" che sta bene ovunque. Le pance affamate di giustizia non perdonano alla Franzoni di essersi sempre dichiarata innocente. E lo avrebbe confermato anche in questa circostanza: "Da un lato sono contenta (per aver terminato di scontare la pena…), dall'altro vorrei trovare la maniera di far capire alla gente che non sono stata io". Questo, per i giudici della Rete, è intollerabile. La Franzoni è stata insultata sui social network, fatta oggetto di scherno e meme, è stata definita "raccomandata" per il trattamento penitenziario e per la libertà anticipata.

I conti tornano eccome, e la spiegazione è semplice: i 16 anni di pena (e non di carcere) si sono ridotti a meno di 11 grazie a tre anni di indulto e ai giorni concessi di liberazione anticipata, il cui presupposto è che il detenuto partecipi all'opera di rieducazione e di reinserimento nella società come indicato all'art. 27 della Costituzione: è possibile –infatti- ottenere fino a 45 giorni ogni semestre di detenzione, considerando anche quella domiciliare. Annamaria Franzoni ora è libera perché ha scontato la sua pena. Non ha ricevuto uno "sconto" ma ha usufruito dei benefici previsti dalla legge. Non servono a nulla quindi le imprecazioni, abbastanza retoriche, sulla mancanza di "certezza della pena": i benefici sono previsti con certezza dalla legge. È la linea di demarcazione tra giustizia e giustizialismo. Ma in un paese dominato da un'ignoranza diffusa in materia giuridica e pervaso da risentimenti giustizialisti, era quasi impensabile attendersi una reazione diversa dallo sdegno. Abbiamo già dubitato, commentato e criticato esternando tutta la nostra riprovazione per quel sangue innocente versato. È arrivato il momento di deporre le armi, anzi, i commenti. Non lo farà mai più, dice il tribunale di Sorveglianza che l'ha definita non socialmente pericolosa, ora vuole essere lasciata in pace, dimenticata, e probabilmente vivrà una vita tranquilla in seno alla sua famiglia.

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