Lui è Andriy Shevchenko. Più che allenatore e un ex calciatore, è una leggenda, uno tra i più forti attaccanti della storia del calcio. Dinamo di Kyiv, 8 tra scudetti e coppe di Ucraina, poi la maglia rossonera del Milan: scudetti, Champions, coppe e supercoppe. Chelsea, il ritorno al primo amore, la Dinamo. Pallone d'Oro 2004, top list dei miti del calcio di sempre, a dirlo Pelè. L'Ucraina, con lui in campo, ha fatto paura, lui ha onorato anche quella maglia gialloblù, primo marcatore di sempre.
Andriy sembrava di ghiaccio: poco spazio alle emozioni, anche a San Siro. Ora, la sua patria è in trincea, lì in Ucraina sono rimasti sua mamma, sua sorella, lui dall'Inghilterra non può raggiungerle, han chiuso gli spazi aerei. Andriy ha preso i due figli, ha vestito i colori gislloblu, è andato a Trafalgar a manifestare contro la guerra, con un cartello: "Stop War".
Sheva è tornato in campo, ha rimesso al braccio la fascia di capitano per aiutare il suo popolo a segnare il goal più importante, quello della libertà: "L'Ucraina è la mia patria. Sono sempre stato orgoglioso del mio popolo e del mio paese. Abbiamo vissuti molti momenti difficili, siamo amanti della libertà, è la nostra risorsa più importante. Sì, è un momento difficile, ma insieme vinceremo! Gloria all'Ucraina".