Di Paola Mastrantonio su Mercoledì, 05 Luglio 2023
Categoria: Giurisprudenza TAR

Al militare prosciolto per inutilizzabilità delle intercettazioni può essere applicata la sanzione disciplinare per gli stessi fatti.

 Questo è quanto in sostanza affermato dalla sezione distaccata del Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, pronunciandosi sul ricorso proposto da un finanziere che aveva chiesto l'annullamento della sospensione dal servizio per sei mesi con corrispondente detrazione dell'anzianità di servizio e decurtazione della retribuzione in misura pari alla metà.

Secondo il militare, prosciolto in secondo grado con la formula "perché il fatto non sussiste", la sentenza di assoluzione avrebbe dovuto spiegare efficacia anche nel procedimento disciplinare, che concerneva gli stessi fatti materiali posti a fondamento del giudizio penale; inoltre, il giudizio disciplinare, poiché incentrato tutto sulle trascrizioni letterali di intercettazioni dichiarate inutilizzabili nel processo penale (inutilizzabilità conseguita alla declaratoria di nullità degli atti di autorizzazione delle stesse intercettazioni) e che mai avrebbero potuto essere utilizzate nel giudizio disciplinare, sarebbe stato viziato dal travisamento dei fatti e, così, anche la sanzione che ne era scaturita sarebbe stata irreversibilmente compromessa.

Quanto al primo rilievo,il TAR ha osservato che, nel procedimento disciplinare, non è consentito porre a fondamento dell'incolpazione solo fatti la cui insussistenza, nella loro materialità, sia stata accertata dal giudice penale, così come non è consentito all'amministrazione di ricostruire l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale passata in giudicato. Qualora, però, questa condizione venga meno, anche in presenza di una sentenza di assoluzione, resta ferma la possibilità per l'amministrazione di valutare autonomamente le risultanze del processo penale nel più ampio quadro della valutazione complessiva dei fatti condotta in seno al procedimento disciplinare con l'unico limite dell'identità materiale dei fatti medesimo oggetto del procedimento penale.

Secondo il TAR, nel caso di specie, nonostante l'assoluzione, dalla motivazione del giudice penale si poteva evincere che il proscioglimento era conseguito alla inutilizzabilità delle intercettazioni (dalle quali peraltro si evinceva la sussistenza del reato contestato) e non dalla prova della non colpevolezza dell'imputato, dunque restava ferma per l'amministrazione la possibilità di effettuare una valutazione autonoma dei fatti ai fini della sanzione disciplinare.

Quanto alle osservazioni del ricorrente circa l'inutilizzabilità delle intercettazioni, il giudice amministrativo ha ricordato quanto già affermato dalla giurisprudenza di legittimità circa l'ambito applicativo del divieto di cui all'art. 270 c.p.p., che, ha puntualizzato, rimane circoscritto al processo penale.

Conclusivamente secondo la sentenza in commento, l'autonomia tra procedimento penale e procedimento disciplinare comporta che, anche in presenza di una sentenza di assoluzione, resta ferma la possibilità, per la p.a., di valutare autonomamente le risultanze del processo penale nel più ampio quadro della valutazione complessiva dei fatti condotta in seno al procedimento disciplinare; l'unico limite è infatti costituito dall'identità materiale dei fatti medesimi oggetto del procedimento penale, non essendo consentito porre a fondamento dell'incolpazione fatti la cui insussistenza, nella loro materialità, è stata accertata dal giudice penale, né ricostruire l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale passata in giudicato. Pertanto, può essere legittimamente applicata la sanzione disciplinare al militare prosciolto in sede penale per inutilizzabilità delle intercettazioni. 

La motivazione fornita dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, senza dubbio ineccepibile nell'illustrare la radicale autonomia tra procedimento penale e procedimento disciplinare, a parere di chi scrive, appare discutibile riguardo all'asserita necessità, nel processo penale, di raggiungere la prova della non colpevolezza dell'imputato.

Sebbene la riflessione del giudice amministrativo si dimostri manifestamente finalizzata ad evidenziare come processo penale e procedimento disciplinare siano sorretti da logiche completamente differenti, leggendo la motivazione della sentenza, filtra, tra le righe, la sottile insinuazione che l'imputato debba fornire la prova della propria innocenza, mentre, per il principio della presunzione di non colpevolezza, è l'accusa che deve dimostrare la colpevolezza dell'imputato.

Forse sarebbe stato preferibile che il TAR si fosse limitato a dire che nel procedimento disciplinare non entrano in gioco diritti di rilevanza pari a quelli coinvolti nel procedimento penale e che, di conseguenza, non trovano applicazione rispetto al primo tutte quelle limitazioni sulla utilizzabilità delle prove dettate dal codice di procedura penale.

Il ragionamento sarebbe risultato logico in ogni caso e, leggendo la sentenza, non si avrebbe avuto il sospetto di trovarsi davanti ad un tentativo di capovolgimento di principi. 

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