Lui è Adnan Siqquide, il giovane di 32 anni nato a Lahore (Pakistan) che è stato ucciso accoltellato, all'interno del suo appartamento, a Caltanissetta il 3 giugno scorso. Sospettati sono quattro suoi connazionali che in questo momento si trovano sottoposti a misura cautelare detentiva in carcere su disposizione del GIP di Caltanissetta.
La pista più accreditata dagli investigatori è quella di una vendetta nei confronti di un giovane che si batteva per la tutela dei diritti dei propri connazionali impegnati e sfruttati nei lavori in agricoltura.
Il cugino, dal Pakistan, conferma le minacce subite da Adnan
"Aveva difeso una persona – riferisce Ahmed Raheel – e lo minacciavano per questo motivo. Voleva tornare in Pakistan per la prima volta dopo tanti anni per una breve vacanza, ma non lo rivedremo mai più. Adesso non sappiamo neanche come fare tornare la salma. Noi siamo gente povera, chiediamo solo che venga fatta giustizia".
Viveva da diversi anni a Caltanissetta ove si era ben integrato ed era benvoluto, chi lo ha conosciuto, come i titolari di un bar del centro dicono di lui:"Era un bravo ragazzo educato… per i miei figli era un fratello e per me un figlio. Era venuto qui per costruirsi un futuro, era un tecnico specializzato in elettronica, uno molto bravo nell'aggiustare macchinari elettronici".
Dura è stata la presa di posizione del sindacato, la Flai CGIL Sicilia con Tonino Russo unitamente a quella di Caltanissetta con Peppe Randazzo, hanno fatto evidenziare che " I lavoratori agricoli pakistani in provincia di Caltanissetta rappresentano il dieci per cento del totale dei lavoratori stranieri e nella sola città di Caltanissetta il venti per cento dei lavoratori agricoli, la comunità straniera più numerosa". Secondo i due sindacalisti " a questo punto la piena applicazione della legge 199/2016 diventa urgente, per garantire un corretto incrocio tra domanda e offerta di lavoro agricolo e avere finalmente strumenti fondamentali al reale contrasto al lavoro nero, allo sfruttamento e ai drammatici fenomeni di caporalato".
Il segretario generale della CGIL nissena Ignazio Giudice precisa:
"Se le ipotesi investigative dovessero essere confermate, ci troveremmo di fronte a un disastro sociale perché chi si fa portavoce di un disagio è stato assassinato: gli stessi metodi che utilizza la mafia. E noi chiediamo giustizia per Adnan, cittadino modello"
Adnam sarebbe stato ucciso perché si batteva per la tutela dei diritti e per il rispetto delle regole contro ogni forma di sopruso e contro il c.d. caporalato.
Nonostante la normativa in materia di caporalato sia stata di recente modificata con la legge n. 199 del 2016, ancora oggi, come purtroppo dimostrano le varie inchieste giudiziarie avviate in diverse parti del territorio nazionale da nord a sud senza distinzione alcuna, la vecchia piaga del caporalato tarda ad essere estirpata. Troppi gli interesse economici in ballo che coinvolgono diverse categorie di soggetti: dai clan malavitosi e mafiosi italiani e stranieri ai piccoli e grandi padroncini senza scrupoli che pur di fare profitto non ci pensano due volte a sfruttare chi si trova nel bisogno. E sappiano bene che i tanti stranieri regolari e non che si trovano in Italia sono l'anello più esposto e ricattabile per le condizioni di povertà e precarietà in cui vivono.