Riferimenti normativi:art.1132 c.c.- art.5 D.lgs.n.28/2010
Focus: È noto che nelle controversie in materia condominiale la mediazione è condizione di procedibilità dell'azione giudiziale. Un condòmino può esprimere il proprio dissenso rispetto ad una lite condominiale separando la propria responsabilità da quella del condominio al fine di non sostenere le spese di giudizio, ma tale principio si applica anche quando si raggiunge un accordo transattivo in mediazione? Sulla questione si è pronunciato il Tribunale di Nocera Inferiore con sentenza n.122 del 18 gennaio 2024.
Principi generali: I condòmini, ai sensi dell'art.1132 c.c., possono manifestare il proprio dissenso solo per le cause, attive o passive, a cui il condominio ha deciso di partecipare in forza di una delibera assembleare. Non possono esercitare, invece, il dissenso per le liti che l'amministratore promuove o alle quali resiste senza previa delibera assembleare poichè rientrano nell'esercizio dei suoi poteri (ad esempio il ricorso per decreto ingiuntivo contro i condòmini morosi o il ricorso d'urgenza per il passaggio delle consegne nei confronti dell'amministratore uscente). Per essere esclusi dalle spese di causa i condòmini devono, altresì, notificare all'amministratore con raccomandata a/r, entro 30 giorni dalla data dell'assemblea o dalla data in cui hanno avuto conoscenza della delibera, una comunicazione con cui ribadiscono il dissenso alla lite e chiedono di essere esonerati dalla partecipazione alle spese. Pertanto, in caso di soccombenza del Condominio, il condòmino dissenziente non sarà tenuto a partecipare al pagamento delle spese processuali a favore del difensore del condominio e a quelle eventuali a favore della controparte liquidate dal giudice con la sentenza. Se, invece, l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente "che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese del giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente". Considerato che non viene posta in essere l'attività di partecipazione ad un giudizio ma quella di partecipazione al procedimento di mediazione, è applicabile la disciplina dell'art.1132 c.c. ai procedimenti di mediazione che si concludono con accordo transattivo?
Il caso: La controversia su cui si è pronunciato il Tribunale di Nocera Inferiore, con la sentenza n.122/2024, è sorta a seguito dell'impugnazione della delibera condominiale da parte di un condòmino che ne chiedeva l'annullamento in merito al punto dell'ordine del giorno relativo all'approvazione della spesa complessiva della mediazione e della relativa ripartizione. A sostegno della propria domanda lo stesso chiariva che la delibera era stata approvata, in violazione degli artt.1132 e 2377 c.c., senza che si fosse instaurata la lite condominiale oggetto della delibera precedente. In merito a quest'ultima aveva manifestato espressamente il proprio dissenso, comunicandolo per iscritto all'amministratore, a partecipare alle spese legali per la lite insorta tra il condòminio ed un'altra condòmina e aveva chiesto di tener separate la propria responsabilità da quella del condominio ai fini del riparto delle spese nel caso di soccombenza. La lite, però, non veniva proseguita perchè in sede di mediazione obbligatoria le parti giungevano ad un accordo transattivo con cui il condominio si accollava anche le spese di mediazione sostenute dalla condòmina. Tuttavia, nonostante la comunicazione ricevuta dall'amministratore, l'assemblea aveva deliberato di suddividere l'importo dovuto per le spese dell'accordo transattivo includendo nel prospetto divisionale la quota dovuta dall'attore che contestava anche l'erroneità della somma indicata e della ripartizione delle spese riportata nella delibera. Il condominio si costituiva in giudizio contestando la domanda ed eccependo l'inapplicabilità del disposto dell'art 1132 c.c. ai casi di accordo bonario precedente all'instaurazione di una controversia. Inoltre, in merito alla presunta erroneità della somma in contestazione, deduceva che la somma era stata correttamente determinata, come poi confermato anche dal medesimo organismo di mediazione con comunicazioni allegate. I condomini chiedevano, perciò, il rigetto della domanda con vittoria di spese e, in via riconvenzionale, il risarcimento dei danni subiti per l'instaurazione della controversia in esame.
Il Tribunale ha ritenuto fondata la tesi del condominio. Secondo il giudice l'art. 1132 c.c., parlando di "promuovere una lite o resistere a una domanda", potrebbe far nascere un equivoco perché non precisa se la domanda in questione debba essere necessariamente giudiziale. Il testo successivo della norma chiarisce, a tal proposito, ogni dubbio circa l'applicabilità alla fase stragiudiziale della mediazione specificando che l'applicazione del disposto del medesimo art. 1132 c.c. si applica in caso di "soccombenza" del condominio. La "soccombenza", però, non è contemplata dall'istituto della mediazione ed è incompatibile con quest'ultima. Per il Tribunale, infatti, la soccombenza si ha nel caso in cui un terzo, estraneo rispetto alla lite, imponga ai litiganti una soluzione con la quale vengono accolte le doglianze di una parte e rigettate quelle dell'altra. Il condomino dissenziente, in caso di soccombenza del condominio, non è tenuto a partecipare al pagamento delle spese processuali a favore del difensore del condominio e a quelle eventuali a favore della controparte liquidate dal giudice con la sentenza. In caso di vittoria, lo stesso dissenziente non deve partecipare alle spese processuali, se non per la sola parte non "coperta" da quanto recuperato dalla parte soccombente. In conclusione, secondo il Tribunale, l'art. 1132 c.c. non può trovare applicazione nel caso in esame poiché la sua applicazione è limitata alle ipotesi di partecipazione del condominio a liti giudiziarie in cui il condominio è vincolato ad una decisione presa da un terzo, cioè dall'autorità giudiziaria. Invece, nella mediazione (e nell'accordo transattivo che ne consegue) sono le parti a dirimere la controversia prima ancora che la stessa sorga e la circostanza che ciascuna parte ponga in atto "reciproche rinunce" nel sottoscrivere l'accordo conciliativo non può, in relazione alla proporzione delle singole rinunce, permettere di ritenere una parte soccombente rispetto all'altra.