Di Carmela Patrizia Spadaro su Mercoledì, 04 Novembre 2020
Categoria: Giurisprudenza di Merito

Accertamento dell’attività dei soci di società di intermediazione immobiliare

Riferimenti normativi: Art.37 D.P.R. n.600/73 - Art.51 T.U.I.R.

Focus: I soci di una società di intermediazione immobiliare possono svolgere operazioni di compravendita occasionale a titolo personale. I redditi in tal modo percepiti sono assimilabili a reddito di impresa? Sulla questione si è pronunciata la Commissione Tributaria Regionale per il Veneto - Sezione/Collegio 5 - con la sentenza n.190 del 14/05/2020.

Principi generali: In generale si può dire che la figura dell'imprenditore è individuata dall'art. 2082 cod. civ. in "colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". In particolare, un'attività imprenditoriale si contraddistingue se concorrono più fattori, cioè un'organizzazione di fattori produttivi, capitale e lavoro, proprio ed altrui, ed un'attività volta alla produzione e scambio di beni e servizi, attività finalizzata a conseguire un profitto e svolta in modo stabile e non occasionale. L'art. 2195 cod. civ., infine, contiene l'elenco delle attività che possono definirsi di impresa perché soggette all'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese

Premesso ciò, si è posto il problema se l'attività non abituale di compravendita immobiliare dei soci di una società di intermediazione immobiliare, parallela a quella della società di appartenenza, possa essere configurata come attività di impresa.

Il caso: Nella fattispecie esaminata dalla Commissione regionale tributaria la controversia è sorta a seguito di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate, ai fini delle imposte dirette e dell'IVA, per gli anni dal 2008 al 2011, nei confronti della società di intermediazione immobiliare A.B.M. s.r.l. L'accertamento era scaturito da una verifica fiscale eseguita dall'Amministrazione finanziaria per controllare la regolare applicazione della normativa fiscale in materia di IVA e di imposte dirette negli anni dal 2008 al 2011. A tale accertamento societario erano seguiti autonomi avvisi di accertamento emessi nei confronti dei quattro soci della stessa società per l'attività di compravendita immobiliare da questi svolta in veste di persone fisiche. In pratica l'Ufficio accertava che i quattro soci, al fine avvalersi di una agevolazione fiscale per la società, agissero, parallelamente all'attività d'impresa, sostituendosi quali persone fisiche nelle compravendite rispetto alla società, e, quindi, effettuando congiuntamente o disgiuntamente operazioni di compravendita immobiliare. Operando i soci in tal modo l'Ufficio riteneva sussistere la fattispecie di interposizione personale fittizia disciplinata dall'art. 37,comma 3, D.P.R.n.600/73, che prescrive l'imputazione diretta al contribuente "dei redditi di cui appaiono titolari altri soggetti, quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona". Di conseguenza, l'Agenzia delle Entrate aveva recuperato, anche in capo alla società i presunti maggiori ricavi derivanti dalle cessioni, assoggettandoli a tassazione in capo alla società stessa, sul presupposto che le compravendite poste in essere a titolo personale costituissero attività d'impresa. Inoltre, veniva accertato nei confronti dei soci un maggior reddito di capitale, ai fini Irpef, derivante da utili non contabilizzati dalla società. I suddetti accertamenti venivano impugnati in primo grado dalla società e dai singoli soci e la Commissione tributaria provinciale aveva accolto il ricorso delle parti, annullando gli atti impugnati, evidenziando nella motivazione che " trattasi di n. 11 operazioni poste in essere dai quattro soci, congiuntamente o disgiuntamente, nell'arco temporale di 4 anni, effettuate, in parte, anche per il tramite di intermediari terzi a favore dei quali risulta corrisposta la regolare provvigione" e, quindi, non riconducibili a redditi d'impresa derivanti dall'esercizio per professione abituale delle attività di cui all'art.2195 c.c., per evidente carenza del presupposto dell'abitualità.

La sentenza dei giudici di primo grado è stata impugnata dall'Ufficio, perché in più parti errata in diritto e non sufficientemente motivata, che ne ha chiesto la riforma e la conseguente conferma integrale della legittimità degli accertamenti. La Commissione tributaria regionale ha rigettato l'appello dell'ufficio condividendo la decisione dei giudici di prime cure. Nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno affermato quanto segue:<< le 11 operazioni svolte a titolo personale dai quattro soci in quattro anni costituiscono una quantità del tutto irrilevante ai fini della dimostrazione che le operazioni svolte a titolo personale costituissero, invece, attività d'impresa. Quanto al fatto che i soci della s.r.l. avrebbero proceduto personalmente all'acquisto degli immobili, si osserva che, tuttavia, risulta dagli atti, come l'attività preparatoria degli acquisti sia stata svolta in sei casi su undici da mediatori terzi ed in tre casi le compravendite siano state poste in essere con la partecipazione di soggetti estranei alla compagine sociale. Alla luce di quanto sopra non vi sono elementi per ritenere che vi sia stata un'attività d'impresa di compravendita d'immobili, trattandosi semplicemente di attività di privati attivi nel settore immobiliare nell'arco di quattro anni. Dall'esame degli atti risulta la sporadicità e l'occasionalità delle operazioni, la mancanza di professionalità nello svolgimento delle compravendite, essendo i soci della s.r.l. ricorsi a mediatori, la mancanza di continuità e di stabilità nell'attività svolta, la partecipazione alle compravendite di soggetti terzi. Tutti tali elementi non consentono di far ritenere sussistente un'attività d'impresa svolta dai soci della s.r.l. >>.

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