Di Elsa Sapienza su Giovedì, 26 Ottobre 2023
Categoria: Avvocatura, Ordini e Professioni

Accaparramento di clientela.

 Nel gennaio 2018, il deragliamento di un treno comporta il ferimento di alcune persone ed addirittura la morte di ben tre persone.

A pochissime ore di distanza dall'accaduto, uno studio legale approfittando della propria pagina facebook pubblicava un post ove facendo riferimento al tragico evento si rivolgeva alle vittime e ai loro familiari per sollecitarle ad ottenere il risarcimento dai responsabili del fatto.

Inoltre, il post aggiungeva che lo Studio offriva prestazioni legali di alto profilo e che il compenso sarebbe stato pagato solo dopo l'ottenimento del risarcimento stesso.

Dal fatto sopra descritto scaturivano numerosi procedimenti disciplinari a carico degli avvocati titolari dello Studio legale in questione, nell'ambito dei quali veniva contestato anche l'illecito di accaparramento di clientela.

Avverso i provvedimenti disciplinari adottati dai Consigli degli Ordini di appartenenza, veniva adito il Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Venezia il quale, dichiarava la fondatezza solo di alcuni punti tra cui:

la violazione dell'art. 37.1 del CDF, considerato che il fine del post era chiaramente l'acquisizione di clientela, fine perseguito con modalità non conformi a correttezza e decoro;

la violazione dell'art. 37.5 CDF, poiché nel caso di specie è stata offerta, senza richiesta, l'assistenza (definita "altamente qualificata")in favore delle persone coinvolte e danneggiate, direttamente o indirettamente, nell'incidente ferroviario.

Il CDD di Venezia, con decisione n. 53/2019, concludeva il procedimento, applicando a carico di ogni soggetto incolpato la sanzione edittale della censura e per solo alcuni di essi anche la sospensione dall'esercizio della professione legale per la durata di 3 mesi.

Gli avvocati sanzionati impugnavano il provvedimento innanzi al Consiglio Nazionale Forense domandando la dichiarazione d'insussistenza degli illeciti contestati, con conseguente annullamento della decisione oppugnata.

Il CNF interviene con la sentenza n. 177/2023 dopo aver rappresentato che il CDD di Venezia aveva correttamente valutato la responsabilità dei ricorrenti in ragione dei carenti modelli organizzativi da loro adottati, nonché della loro culpa in eligendo e in vigilando.

Viene confermato l'illecito di accaparramento della clientela di cui all'art. 37.1.

Il Consiglio, difatti, ha rappresentato che costituisce illecito deontologico il comportamento dell'avvocato che, al fine di acquisire potenziali clienti, pubblicizzi il proprio studio legale mediante l'offerta di assistenza legale a "zero spese di anticipo", trattandosi di informazione non ispirata al rispetto dei doveri di dignità e decoro.

In particolare costituisce illecito deontologico offrire assistenza legale gratuita alle parti di un fatto di cronaca di grande clamore mediatico al fine di ricavarne una possibile notorietà.

Per quanto concerne l'art. 37.5, il Consiglio, confermando gli esiti cui è giunto il CDD di Venezia, ha ricordato che anche la Suprema corte di cassazione con la sentenza a SS.UU., 8 marzo 2022 n. 7501, conferma che costituisce violazione disciplinare l'inosservanza dell'espresso divieto ex art. 37, 5° comma, CDF di offrire, senza esserne richiesto, una prestazione rivolta a potenziali interessati per uno specifico affare.

Il CNF quindi conferma la sentenza del CDD di Venezia, riformando la decisione impugnata solo in punto trattamento sanzionatorio.

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