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Con provvedimento n. 137 del 26/05/ 2025, il CNF ha affermato che l'avvocato che si è reso inadempiente con riferimento al mandato ricevuto, tacendo al cliente il suo omissivo comportamento e simulando circostanze relative a un giudizio mai attivato e a provvedimenti mai ottenuti, laddove adotti un comportamento collaborativo successivo, detta condotta può costituire una circostanza attenuante ai soli fini della quantificazione della sanzione (fonte:// https://www.codicedeontologico-cnf.it/GM/2025-137.pdf).

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'attenzione del CNF.

Il caso

La ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui il CDD ha sospeso la predetta dall'esercizio della professione forense per sei mesi per le seguenti violazioni:

  • violazione degli art. 4, 9 del Codice Deontologico Forense, in quanto l'incolpata avrebbe simulato di aver svolto l'attività stragiudiziale prima e giudiziale per 4 anni;
  • violazione degli art. 12 e 26 del Codice Deontologico Forense, atteso che l'avvocato ricorrente non ha dato seguito al mandato conferitogli, diretto ad addivenire ad un di­vorzio consensuale prima e fallite la possibilità di accordo, giudiziale con richiesta di muta­mento delle condizioni economiche già stabilite in sede di separazione; 
  • violazione dell'art. 29 c.3 del Codice Deontologico Forense, perché la ricorrente avrebbe ricevuto la somma di €.3.000,00 di cui 1.500,00 in contanti, non emettendo corrispettiva fattura fiscale.

Ad avviso del CNF, il provvedimento disciplinare va riformato parzialmente.

Analizziamo le motivazioni sottese alla decisione.

La decisione del CNF.

Secondo il CNF, la sentenza del CDD è ben motivata sia in fatto che in diritto. Tra l'altro la stessa ricorrente ha ammesso i fatti, adducendo a sua discolpa gravi vicende personali che l'hanno indotta ad adottare la condotta oggetto delle suddette violazioni. Vicende, queste, che, comunque, sono rimaste prive di riscontro oggettivo. Ciononostante, il CNF ha ritenuto di considerare un favor per la ricorrente. E ciò in considerazione:

  • del fatto che l'incolpata ha compiuto attività stragiudiziale, con contatti con il legale della controparte, volta a tro­vare un accordo per procedere al deposito di ricorso congiunto, ritardando il raggiungimento della declaratoria divorzile, senza privare del tutto la sua assistita dei diritti;
  • della volontà del legale condizionata dalle difficoltà familiari e di orga­nizzazione di studio (dolo di minore intensità);
  • della presenza delle dichiarazioni confessorie e del pentimento successivo dell'incolpata.

Malgrado questi elementi di favor, il CNF ha ritenuto indubbia la gravità del comportamento dolosamente reiterato nell'arco di 4 anni, con palese inadempimento del mandato a procedere giudiziariamente per ottenere la declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio e indicazioni al cliente di informazioni inveritiere per nascondere l'omissione, tanto da giungere a comunicare anche l'emissione della sen­tenza favorevole. Con l'ovvia conseguenza che la richiesta dell'incolpata non ha trovato accoglimento. In buona sostanza, non è stata accolta la richiesta dell'irrogazione della sanzione della censura, anziché della sospensione. E ciò in quanto i suddetti elementi di favor, tra i quali emerge il comportamento collabora­tivo dell'incolpata, sono stati considerati una circostanza attenuante, ex art. 21 del codice deontologico ("comportamento dell'incolpato successivo al fatto") solo ai fini della quantificazione della san­zione (cfr. CNF sentenza n.186 del 21.10.2022 che così recita "Nei procedimenti di­sciplinari, l'oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell'incolpato e tanto al fine di valutare la sua condotta in generale, quanto a quello di infliggere la sanzione più adeguata, per la quale occorre effettuare un bilanciamento tra la considerazione di gravità dei fatti addebitati ed i concorrenti criteri di valutazione, quali ad esempio l'assenza di precedenti disciplinari ed il comportamento processuale dell'incolpato- art. 21cdf").

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte e nell'esercizio della piena e libera valutazione delle risultanze istruttorie, applicando i principi consolidati decisionali del CNF (sentenza n. 202 del 15 ottobre 2020, sentenza n.211 del 11.11.2022, sentenza n.193 del 15/10/2020, sentenza n.182 del 9.10.2020, sentenza n. 38 del 24.04.2018), nel caso di specie è stata:

  • ridotta la sanzione inflitta alla ricorrente a mesi 4 (quattro) di sospensione dall'esercizio della professione forense, 
  • confer­mata nel resto la decisione del CDD.